Anni fa ho scritto questo. Ne iniziai anche un seguito che ho ripreso ultimamente, ma scriverlo mi sta creando non
poche difficoltà, nonchè varie riflessioni.
Il primo essenziale punto è che
non sono più la stessa persona che aveva creato questo universo narrativo
(perdonate la definizione pomposa, ma non mi veniva un termine più terra terra).
È un dato di fatto e sinceramente sarebbe anche grave se lo fossi a tanti anni
di distanza, ma sono giorni che rifletto su vari aspetti: quando ho scritto i
primi racconti avevo dentro una rabbia compressa che esplodeva nella mia prosa, uno stile che non posso (non so) ripetere.
E se
anche ci riuscissi, sarebbe giusto? Credo di no, credo proprio di no.
Da qui
ho però riflettuto su un altro aspetto: dov'è finita quella rabbia? La risposta
a questa domanda non mi è piaciuta, perchè ho capito che si è trasformato in
qualcosa di diverso: rassegnazione.
Ma se la rabbia era esplosiva ed attiva,
la rassegnazione è placida e passiva. E si scontra con le tante cose che faccio e che vorrei fare.
Altra domanda: dovrei ritrovate la rabbia? Ritrasformare questo
malcontento che mi porto dentro in qualcosa di concreto? La risposta è decisamente sì.
Ma come? Non è facile come sembra, non a quarantanni. Le delusioni della vita hanno
già fatto il loro corso, frantumando le leggere ali da sognatore che mi
portavano in giro nei miei mondi fantastici.
Come si risolve?
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